L’altezza del LA3, oggi comunemente accordato alla frequenza di 440 / 442 Hz, si è notevolmente evoluta nel corso dei secoli. Siamo in grado di risalire alle antiche frequenze del LA3 grazie ad alcuni strumenti antichi che non cambiano di intonazione, come le campane, gli strumenti a fiato, gli antichi diapason, ecc. A seconda della città e del differente periodo storico, il LA3 è stato accordato, grosso modo, dai 377 ai 457 Hz. In pratica il LA3 ha oscillato nei secoli di quasi due toni interi. Questa mancanza di uno standard condiviso poteva creare grandi problemi ai musicisti dell’epoca, soprattutto ai cantanti. Il rischio era quello di studiare un brano avendo come punto di riferimento un LA3 a 450 Hz e poi magari trovarsi a doverlo cantare a 405 Hz o viceversa !
Oggi, durante l’esecuzione di musica barocca, è spesso utilizzato il diapason a 415 Hz, sostanzialmente mezzo tono al di sotto del diapason « normale » a 440 hz. Questa pratica è puramente convenzionale, personalmente la condivido, ma non mi pare che corrisponda ad alcun diapason realmente esistito.
Ai tempi di Handel, Mozart, Verdi, Bellini, Rossini, e dei compositori loro contemporanei, in quasi tutti i maggiori teatri europei, il diapason oscillava tra i 420 e i 435 Hz. Questo vuol dire che la maggior parte delle più grandi opere liriche della storia sono state scritte con un LA3 accordato al di sotto dei 440/443 Hz odierni. Mediamente un quarto di tono.
E questi sono fatti storici.
Ma perché l’accordatura del LA3 ha cominciato a schizzare verso l’alto? Le ragioni sono molteplici, ma alla base c’era il desiderio di avere un suono più brillante. Gli strumenti a corda e a fiato guadagnano effettivamente in brillantezza se emettono suoni più acuti. Emblematico è il caso del primo concerto per violino e orchestra di Paganini. Spesso conosciuto come Concerto No. 1 in Re maggiore, in realtà questo concerto è stato scritto da Paganini in MI bemolle maggiore (quindi un semitono più acuto di Re). Il violinista-compositore genovese scrisse le parti d’orchestra in Mi bemolle e quella del violino in Re indicando a chiare lettere di iperaccordarlo di mezzo tono. In questo modo il solista poteva leggere in Re e suonare in Mi bemolle, con una sonorità quindi più acuta e brillante.
Sappiamo anche che Verdi, grandissimo conoscitore della vocalità, considerava troppo acuto il LA3 a 435 Hz. E’ infatti noto tra gli specialisti del settore che il cosiddetto « LA verdiano » corrisponde a 432 Hz. Chissà cosa direbbe oggi Verdi sapendo che la maggior parte delle orchestre si accorda a 442 Hz!
Insomma, tutta ‘sta pappardella per dire che secondo me e secondo illustrissimi colleghi (Piero Cappuccilli e Renata Tebaldi, giusto per citarne alcuni) il diapason di oggi è troppo alto. Possiamo iperaccordare un violino, modificare gli strumenti a fiato. Ma la corde vocali sono quelle di sempre e non possiamo cambiarle. Cantare accordandosi a 432 Hz come ai tempi di Verdi consentirebbe maggior agio alla voce, meno tensione, un colore più pieno e vellutato, per tutte le tessiture. Si tratterebbe di abbassare l’accordatura delle orchestre di meno di un quarto di tono, ma questa minima differenza è in realtà grande cosa per le corde vocali del cantante.
Credo anche che il vero problema non sia cantare un’aria, o magari un’opera intera, un quarto di tono sopra o sotto. Il problema vero è fare una carriera intera cantando con un diapason più acuto. Credo che sia questo il vero nocciolo della questione.
Qui di seguito vi segnalo alcuni link su pagine e video dedicati a questo argomento. Attendo con grande interesse eventuali vostri commenti sulla questione.
http://www.youtube.com/watch?v=m4l_PgMc-9k
http://en.wikipedia.org/wiki/Standard_tuning_frequency
http://en.wikipedia.org/wiki/Johann_Scheibler
http://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/07/Norma_con_suoni_antichi_co_0_0103076132.shtml